SMART WORKING, REMOTE WORKING
Lavoro agile, lavoro a distanza:
segreti e regole
Smart
working questo sconosciuto.
Beh, non proprio.
A dire il vero, lo smart
working è stato legalmente varato il 22 maggio 2017, in religioso silenzio,
ma ora il termine rimbalza di bocca in bocca, di pagina in pagina, sui media
cartacei e digitali e sembra che parlarne sia di moda in questi tempi di
lockdown e di Covid; tuttavia, già si
commette un errore linguistico,
associando la definizione al luogo di svolgimento del lavoro piuttosto
che alla modalità. In Italia è stato
tradotto con l' aggettivo agile, ma
l'attribuzione non è del tutto esatta.
Smart, in inglese, significa intelligente, scaltro, dunque lo smart working è un metodo di lavoro, non
un luogo.
Il lavoro a distanza, o in remoto, cioè, via Internet,
è il remote working, ovvero,
il lavoro svòlto in luogo diverso dall’ufficio, che è praticato da una, due, o
più persone, collocate in postazioni differenti, anche molto lontane fra loro.
Il remote working, semmai, può essere
un elemento dello smart working. Per
la cronaca, benché mai strombazzato, il remote
working è entrato in funzione nel 2004.
Ma cos'è, in verità, lo
smart working? Come funziona? In soldoni, lo smart working si basa sulla capacità di organizzare il lavoro in
modo tale da produrre tanto con poco; in poco tempo, a volte con poche risorse,
ma utilizzate al meglio. Anni fa, un economista olandese asseriva che se il lavoro
in un ufficio, per esempio, è ben ripartito, agli impiegati bastano due ore al
giorno per finirlo. In Olanda, forse.
Non so in Italia.
In ogni caso, in molti Paesi del mondo, questo modus operandi è vigente da anni mentre
in Italia, nonostante sia appunto attivo dal 2017, stenta a decollare,
ostacolato soprattutto da un’ evidente impreparazione ad affrontarlo ed
organizzarsi in proposito. È, però, anche vero che i tempi di adattamento a
questa novità sono stati davvero assai brevi, in quanto ci siamo trovati a
passare dal lavoro in presenza a quello a distanza nell'arco di 24 ore o poco
più, e 24 ore sono veramente poche per apportare modifiche sostanziali ad uno
stile di lavoro e vita a cui eravamo abituati da secoli, se non
addirittura da millenni.
La scuola è stata, forse, il settore in cui le carenze
organizzative del remote working si sono fatte sentire in maniera più marcata.
La didattica a distanza si è rivelata più faticosa e complessa di quella in
presenza poiché gli insegnanti si sono trovati, sempre nell' arco di poche ore,
a dover preparare le lezioni in formato
digitale, cosa semplice solo a parole, non tanto per la difficoltà dell'
esecuzione quanto per il tempo occorrente a realizzarle. Eppure, anche questo
modo di insegnare è attuato in vari Stati del globo da svariati anni.
In aggiunta, oltre al sistema del lavoro, abbiamo anche
dovuto cambiare velocemente mentalità e abitudini, passando da un'intensa vita
sociale qual è la nostra, tipica italiana, improntata su assidui contatti fisici,
ad una più solitaria, fra le mura domestiche, con l’ unica compagnia dei
dispositivi informatici.
L' impatto sociale si è fatto sentire in più direzioni
diverse.
Chi ha famiglia se l’è ritrovata in casa al completo, non
andando più i ragazzi a scuola, e per alcuni non è stato un gran piacere. A
volte, l’allontanamento fra persone, anche solo per qualche ora al giorno,
attenua i contrasti e gli attriti, possibili e frequenti tra esseri umani
diversi. La stanchezza di una giornata trascorsa su vari mezzi di trasporto, e
a lavorare, impedisce poi che questi attriti riprendano vigore alla sera, ma c'
immaginiamo una famiglia tipo di quattro componenti, adulti e ragazzi, giorni
interi a casa per due mesi? Se non sono scoppiate le guerre è stato un
miracolo. Per tacere sul doloroso argomento delle violenze domestiche che
durante la clausura forzata sono purtroppo, esplose in maniera allarmante,
ponendo un accento grave sulla sempre minor tolleranza verso il prossimo, in
particolare quello femminile.
Tuttavia, c'è, invece, chi, nel ritrovarsi insieme a casa,
ha riscoperto affetti sopiti dal tran tran della vita quotidiana ante-Covid. Ha, addirittura, riscoperto i propri
familiari.
Secondo alcuni il lavoro in remoto isola; altri godono di
questa condizione. Credo sia un fattore
soggettivo. Molto dipende dal carattere dell' individuo.
Tuttavia, a parte questo delicato aspetto sociale, il lavoro
a distanza porta benefici. Dove?
Nell' ambiente. Più persone restano a lavorare al loro
domicilio, meno ce ne saranno sulle strade, snellendo di parecchio il traffico
nelle grandi città, con l’esito positivo di diminuire i livelli di gas tossici.
L’anno scorso, dopo due mesi di lockdown era stata notata una considerevole
riduzione nel buco dell’ ozono. Ma qualcuno potrebbe obiettare che la
permanenza a domicilio comporterebbe aumenti nel consumo di energia elettrica,
dirottato agli elettrodomestici, specie ai climatizzatori, i quali sono
additati come colpevoli di emissioni inquinanti. Domanda: cosa inquina
maggiormente? I climatizzatori o i gas di scarico dei tanti veicoli in giro per
le vie cittadine, spesso strette, in cui sono facili gli ingorghi?
Il lavoro a distanza porta benefici: a chi?
Indubbiamente al lavoratore, non più costretto a svegliarsi
all'alba per raggiungere il luogo di lavoro, a volte, molto lontano; che si
scopre abbastanza libero nel pianificare la sua giornata senza troppi vincoli.
Inoltre, il remote working consente
di lavorare col mondo intero. Non è detto, infatti, che si debba collaborare
solo con società del proprio Paese. Abitando a Roma, ad esempio, si può
lavorare con altre società operanti a New York, Sidney o Città del Capo,
allargando così i propri orizzonti culturali e le proprie competenze nell'
ambito della professione.
Ma eccoci giunti al nodo cruciale dello smart/remote working, vale a dire alla questione contrattuale
legata a queste modalità. Il remote
worker gode degli stessi diritti del collega che opera in presenza? Ha
anche gli stessi doveri? Più o meno si. Il suo apporto nello svolgimento delle
mansioni affidate a casa è lo stesso di quello che svolgerebbe in ufficio.
Tenendo ovviamente conto che non tutti i mestieri possono essere esercitati
online, prendiamo in esame solo quelli che possono esserlo, come tutti i lavori
burocratici, l'insegnamento e alcune libere professioni.
Nella Pubblica Amministrazione smart e remote working sarebbero l' ideale giacché andrebbero a
sfoltire i ministeri e, in generale, i pubblici uffici. Le pratiche possono
essere sbrigate anche in salotto, in cucina, nella propria stanza, in uno
studio, in giardino, sul balcone o dove si sta meglio.
Il timore principale di chi opera in via telematica, però, è
di sentirsi in dovere di essere disponibile 24 ore su 24, e di essere
controllato dai principali, rischi in cui è possibile incorrere se il
principale non si rivela corretto. Ma la legge a riguardo stabilisce che
l'orario di lavoro è, più o meno, lo stesso di chi è presente in ufficio, o a
scuola. Differente potrebbe essere la
situazione dei liberi professionisti che, in ogni caso, per questioni di
mestiere, devono essere quasi sempre reperibili. In aggiunta, la legislazione
in merito garantisce condizioni di operatività che non devono pregiudicare la
salute del lavoratore quali una postazione di lavoro confortevole, pause di 15
minuti ogni due ore per riposare la vista dai monitor, permessi, coperture
sanitarie e assicurative.
Per finire, il
lavoratore in remoto, al pari dei suoi colleghi in presenza, ha diritto alla
formazione e agli aggiornamenti che potrebbero servire per migliorare la sua
attività e la sua posizione.
Stipendio? Dovrebbe essere identico a quello che
percepirebbe se andasse in ufficio. Lavorare a distanza non cambia
sostanzialmente il carico di incombenze.
Straordinari? La legislazione relativa a questo
capitolo li pone, appunto, come straordinari,
ossia, da erogare col contagocce.
Doveri del remote/smart
worker? Lavorare.
Va precisato che smart, ma soprattutto remote working, sono concordati fra le parti del contratto
lavorativo, dunque, niente scelte forzate a meno che non si verifichino
determinate condizioni.
Quindi, sulla carta vi sono poche differenze fra chi opera a
distanza e chi in presenza.
Ci auguriamo che questa quasi parità non resti solo sulla
carta.
Smart e remote working
sono ormai due realtà che sono entrate a
far parte della nostra nuova vita
post-pandemia, ma anche in corso. Per chi ha scritto questo articolo lo sono
dal 1999.
Nessun commento:
Posta un commento